Ci voleva un pianista organizzatore come Michele Campanella per pensare, a 200 anni dalla nascita del musicista ungherese, ad una autentica maratona di tre giorni sulla sua opera.Oltre Campanella, dal 7 al 9 gennaio, una decina di talentuosi pianisti ha affrontato i lavori dello “zingaro” magiaro, conquistatore di folle (e di donne, per finire poi abate…), virtuoso di abilità mostruosa, che ha reso il pianoforte un’orchestra.
Compositore formidabile, tanto da influenzare Wagner.Le nove sinfonie di Beethoven, nella trascrizione per piano di Liszt, sono state interpretate da altrettanti pianisti. In particolare, la sesta da Fedele Antonelli e la settima da Paolo Vergari. Quest’ultimo ha affrontato la difficile “trascrizione” con una concentrazione massima, un impegno fisico notevole – come i colleghi – tanto da suscitare una ondata di applausi.Il fatto più interessante è stato il poter seguire subito, con la mente, la partitura orchestrale, mentre la sinfonia veniva eseguita al piano. Segno che Liszt aveva saputo interpretare il pensiero beethoveniano “rifondandolo” nello strumento, ma anche della capacità dei pianisti di cogliere l’anima dei due maestri.
Di Mario Dal Bello
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